Casino Trieste
Casino Trieste non era un casino, era un bar di periferia. Uno di quei bar che solo la gente del quartiere frequenta così che, quando entri, conosci tutte le facce presenti. Ti guardi attorno e inizi a salutare e a chiedere cose al postino, al macellaio, alla parrucchiera, e poi passi a rispondere a domande su tuo cugino, il tuo lavoro, finchè saluti il barista e lui neanche ti chiede cosa bevi perchè sta già preparandoti il “solito”.
Casino Trieste non è un bel bar, come quelli del centro dove tutto è nuovo e vengono serviti strani cocktails dai nomi stravaganti. E’ piuttosto un postaccio con le pareti ingiallite dal fumo degli anni in cui si poteva ancora fumare al chiuso, mai ripitturate perché tanto ai clienti non importa mica. Quello che conta è poter godersi una birra fresca vicino a casa, a fine giornata, chiacchierando con un conoscente o un vicino, senza sentirsi in obbligo verso la società, nel pieno relax.
Era così che passavamo le nostre serate estive, per lo più. Ogni tanto qualcuno mancava all’appello perchè era andato in vacanza, ma ricompariva a breve, un po’ più abbronzato e rilassato e diveniva il protagonista della serata nel raccontare i momenti salienti della sua vacanza.
Casino Trieste era un’istituzione per noi che ci passavamo almeno una volta al giorno, nascosto tra le case al punto che, se non sapevi che stava lì, non l’avresti mai trovato. Era, in fondo, un modo per sentirsi parte della comunità. Quelli che non ci andavano erano considerati un po’ strani, e quasi non ci si conosceva, venivano lasciati fuori dalle feste di rione, dalle grigliate alle quali noi tutti si partecipava. Era un bel modo per stare assieme.
Il proprietario l’aveva chiamato Casino Trieste perchè da giovane aveva visitato la cittadina di Trieste, molto vicino al confine con la Slovenia e così aveva scoperto che oltre confine era pieno di casino, bastava attraversare in auto e ci si poteva fiondare su slot machines e roulettes tutta la notte. La cosa l’aveva infervorato a tal punto che aveva preso a farsi vari weekend in quella città, così da andare regolarmente al casino. A differenza di noi comuni mortali, pero, il buon signor Torti, non aveva sviluppato un vizio e buttato via un sacco di soldi. Si era, invece, messo a giocare sempre alla stessa macchinetta convinto che era quella che gli avrebbe portato fortuna, finché un bel giorno, la dea bendata l’aveva graziato e Torti si portò a casa un gruzzolo sufficiente da comprare il nostro bar che aveva deciso di battezzare Casino Trieste in onore alla sua nascita. Era questa una storia che si soleva raccontare ai nostri ragazzini, e che contribuiva a sviluppare il senso di appartenenza a quel nostro rione. Non era un posto molto bello, eppure noi tutti ci eravamo affezionati al punto che ancora oggi, quando ci si incontra, finiamo a parlare del nostro bar……